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Sentenza Cass Penale, sezione quinta, numero 13820 del 06/05/2020

Giurisprudenza

A cura di Palumbo Salvatore

  Pronuncia della sezione V della Cassazione Penale depositata il 6 maggio 2020 secondo la quale, in tema di bancarotta fraudolenta, il recupero del bene distratto a seguito di azione revocatoria non spiega alcun rilievo sulla sussistenza dell'elemento materiale del reato di bancarotta, il quale viene a giuridica esistenza con la dichiarazione di fallimento

Inserita il 17/05/2020


Corte di Cassazione Penale - Sezione V, Sentenza n. 13820 del 06/05/2020
Autotrasporto - Procedura fallimentare - Distrazione veicoli - Artt. 216 e 223 legge fallimentare - Bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale - "In tema di bancarotta fraudolenta, il recupero del bene distratto a seguito di azione revocatoria non spiega alcun rilievo sulla sussistenza dell'elemento materiale del reato di bancarotta, il quale - perfezionato al momento del distacco del bene dal patrimonio dell'imprenditore - viene a giuridica esistenza con la dichiarazione di fallimento, mentre il recupero della res rappresenta solo un posterius equiparabile alla restituzione della refurtiva dopo la consumazione del furto avendo il legislatore inteso colpire la manovra diretta alla sottrazione, con la conseguenza che è tutelata anche la mera possibilità di danno per i creditori".


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa il 06/11/2018 la Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza del Gup del Tribunale di Forlì del 14/01/2016 che, all'esito del giudizio abbreviato, aveva condannato B.A. alla pena di 3 anni e 2 mesi di reclusione, oltre alle pene accessorie fallimentari per la durata di 1 anno e 4 mesi, per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, per avere, in qualità di amministratore unico, e poi di liquidatore, della (OMISSIS) s.r.l., fallita il 18.9.2013, distratto 4 autocarri, e sottratto la documentazione contabile, nonchè per il reato di cui all'art. 349 c.p., per aver violato i sigilli apposti dal curatore fallimentare, per assicurarsi la conservazione di tre autocarri.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di B.A., Avv. V. L., deducendo tre motivi.

2.1. Con un primo motivo denuncia il vizio di motivazione in relazione ai motivi aggiunti depositati il 18.10.2018, con cui si rappresentava che non vi era stata alcuna distrazione di beni, in quanto gli autocarri erano stati sottratti alla disponibilità della curatela soltanto per poche ore nella giornata del 23.11.2013, e che il valore dei beni era modesto, essendo stati venduti per la complessiva somma di Euro 10.000,00. La motivazione sarebbe inoltre contraddittoria, perchè sostiene che "l'imputato fece di tutto per farli sparire", e, dall'altro, afferma l'avvenuto distacco dei beni.

2.2. Con un secondo motivo denuncia il vizio di motivazione in relazione ai motivi aggiunti depositati il 18.10.2018, con cui si rappresentava, in relazione alla bancarotta documentale, la mancanza di prova della sottrazione e del dolo specifico.

2.3. Con un terzo motivo deduce il vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, superiore al minimo edittale, e senza considerare che i precedenti penali erano lontani nel tempo e modesti, e che le condotte erano di scarsa gravità.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, perchè, oltre a proporre doglianze non consentite, dirette a sollecitare una non consentita rivalutazione del merito, è altresì manifestamente infondato.

La Corte territoriale, infatti, oltre ad avere espressamente richiamato, nel riepilogo dei motivi di appello, i motivi aggiunti depositati il 18.10.2018, ha compiutamente motivato in ordine alle doglianze proposte, con argomentazioni immuni da censure di illogicità o di contraddittorietà.

1.1. Con riferimento alla distrazione degli autocarri, invero, la sentenza ha evidenziato che, sentito la prima volta il 21.10.2013, circa un mese dopo la dichiarazione di fallimento, l'imputato riferì al curatore dell'esistenza di un unico bene aziendale, un autocarro sottoposto a sequestro amministrativo;

solo successivamente ad un controllo al PRA, eseguito il 5.11.2013, il curatore rilevò che la fallita era intestataria di altri quattro autocarri; il successivo 12.11.2013 l'imputato consegnò i libretti di circolazione e le chiavi di tali veicoli, riservandosi di comunicarne l'ubicazione; appresa l'ubicazione di uno soltanto dei veicoli, il curatore sporgeva denuncia per appropriazione indebita, e solo successivamente veniva fornita l'indicazione del luogo in cui si trovavano gli altri tre mezzi, che il 19.11.2013 venivano sottoposti a sigilli; sigilli violati, in quanto il 23.11.2013 il curatore ne verificava la scomparsa, salvo poi rinvenirli casualmente la notte, percorrendo una strada periferica, presso l'area della ditta (Omissis), dove il B. li aveva ricoverati la sera del 22.11.2013, già pronti per il trasporto di materiale.

Tanto premesso, è stata esclusa la possibilità di qualsivoglia equivoco in ordine al dovere di consegnare al curatore i beni aziendali, essendo emersa la pervicacia con cui il B. ha cercato di occultare i veicoli, trasferiti in un luogo diverso da quello ove erano stati sottoposti a sequestro, e dove furono rinvenuti già carichi di materiale e pronti per il trasporto, al fine di utilizzarli per l'attività imprenditoriale proseguita con la propria ditta individuale.

Quindi, nel rilevare che il recupero dei beni fu tutt'altro che agevole, e comunque non determinato dalla collaborazione dell'imputato, ma solo dal caso e dalla determinazione del curatore, esso è stato comunque ritenuto irrilevante ai fini della integrazione del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, in quanto avvenuto successivamente alla consumazione dell'illecito.

Al riguardo, è pacifico il principio secondo cui, in tema di bancarotta fraudolenta, il recupero del bene distratto a seguito di azione revocatoria non spiega alcun rilievo sulla sussistenza dell'elemento materiale del reato di bancarotta, il quale - perfezionato al momento del distacco del bene dal patrimonio dell'imprenditore - viene a giuridica esistenza con la dichiarazione di fallimento, mentre il recupero della "res" rappresenta solo un "posterius" equiparabile alla restituzione della refurtiva dopo la consumazione del furto avendo il legislatore inteso colpire la manovra diretta alla sottrazione, con la conseguenza che è tutelata anche la mera possibilità di danno per i creditori (Sez. 5, n. 39635 del 23/09/2010, Calderini, Rv. 248658; Sez. 5, n. 9430 del 17/05/1996, Gennari, Rv. 205920, secondo cui non ha incidenza, quindi, nè la finalità perseguita in via contingente dal soggetto, che è fuori della struttura del reato, nè il recupero o la possibilità di recupero del bene distaccato, attraverso specifiche azioni esperibili, in quanto la norma incriminatrice punisce, in analogia alla disciplina dei reati che offendono comunque il patrimonio, il fatto della sottrazione, nel quale si traduce, con corrispondente danno, ontologicamente, ogni ipotesi di distrazione; la sottrazione si perfeziona al momento del distacco dei beni dal patrimonio della società, anche se il reato viene ad esistenza giuridica con la dichiarazione di fallimento, e prescinde dalla validità, opponibilità e dagli effetti civili del trasferimento e dalle eventuali azioni esperibili per l'acquisizione del bene; il recupero del bene, reale o soltanto potenziale, è un "posterius" che non ha incidenza giuridica sulla fattispecie ormai perfetta ed è equiparabile alla restituzione della refurtiva operata dalla polizia).

1.2. Quanto alla bancarotta fraudolenta documentale, oltre alla genericità delle doglianze, va rilevato che la Corte territoriale ha evidenziato che l'imputato ha omesso di fornire qualsivoglia documentazione contabile e fiscale, rendendo una spiegazione sfornita di qualsiasi prova, secondo cui la stessa sarebbe andata distrutta in seguito ad un allagamento dei locali aziendali, e smentita dal rinvenimento, presso un commercialista, del Modello Unico 2009 e, presso la Camera di Commercio, del bilancio sociale 2008; elementi dai quali è stata desunta l'istituzione e la tenuta di scritture contabili, indispensabili per la redazione del bilancio e per la presentazione delle dichiarazioni fiscali, e tuttavia non consegnate dall'imputato, con il proposito di occultare le distrazioni, pervicacemente reiterate, dei beni, e recare pregiudizio ai creditori.

2. Il terzo motivo, concernente il trattamento sanzionatorio, è inammissibile.

A prescindere dal rilievo che la pena inflitta è stata determinata in prossimità del minimo edittale (pena base pari a 4 anni di reclusione, aumentata per la pluralità dei fatti di 6 mesi, e per la violazione di sigilli di ulteriori 3 mesi, ridotta per il rito ad anni 3 e mesi 2), è pacifico che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 c.p. con espressioni del tipo: "pena congrua", "pena equa" o "congruo aumento", come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243); sicchè è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (ex multis, Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142).

Inoltre, nel rammentare che, nel caso in cui venga irrogata una pena prossima al minimo edittale (Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464), o anche al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all'art. 133 c.p. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283), ne caso in esame la Corte territoriale ha valorizzato, quali indici fattuali di commisurazione della pena, la gravità e la pluralità dei fatti e la capacità criminale dell'imputato, desunta non soltanto dai diversi precedenti penali, ma altresì dal comportamento particolarmente callido posto in essere nel tentativo di sottrarre definitivamente i beni aziendali alla garanzia creditoria.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 3.000,00.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2020.



Nonostante il costante impegno profuso nel riportare il testo della sentenza, si rinivia il lettore all'organo ufficiale emittente della sentenza medesima, non essendo i curatori del presente portale o gli autori responsabili di eventuali refusi o errori.
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