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Sentenza Cass Civile, sezione sesta, numero 5520 del 10/03/2014

Giurisprudenza

A cura di Palumbo Salvatore

  La sezione VI della Corte di Cassazione Civile afferma che l'articolo 179 del codice della strada non prevede una specifica violazione per chiunque circoli con un autoveicolo con i sigilli del tachigrafo o del limitatore di velocità manomessi, ma l'eventuale tale comportamento rientra pur sempre in un'alterazione fisica dell'apparecchiatura, e pertanto legittimamente soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria raddoppiata prevista e punita dall'art. 179, comma 2 bis, del CdS

Inserita il 25/05/2020


Corte di Cassazione Civile - Sezione VI, Sentenza n. 5520 del 10/03/2014
Circolazione Stradale - Art. 179 del Codice della Strada - Manomissione dei sigilli del tachigrafo o del limitatore di velocità - L'art. 179 del CdS non prevede la specifica violazione per la manomissione dei sigilli del tachigrafo o del limitatore di velocità, ma tale comportamento consiste pur sempre in un'alterazione fisica dell'apparecchiatura legittimamente soggetta alla sanzione amministrativa pecuniaria raddoppiata prevista e punita dall'art. 179, comma 2 bis, del CdS.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D. F. A. proponeva opposizione, dinnanzi al Giudice di pace di E., avverso il verbale elevato nei suoi confronti dalla Polizia stradale di Firenze, con il quale gli venivano contestati gli illeciti previsti dall'art. 179 C.d.S., commi 2 e 2-bis, per essere stato alla guida di veicolo avente il cronotachigrafo alterato e il limitatore di velocità alterato.

Il Giudice di pace rigettava l'opposizione e il D.F. proponeva appello.

Nel contraddittorio con il Ministero dell'interno, il Tribunale di Firenze, sezione distaccata di E., con sentenza n. 38 del 2010, depositata il 12 febbraio 2010, rigettava l'appello.

Premesso che l'appellante aveva riproposto le medesime censure già svolte in primo grado, il Tribunale riteneva innanzi tutto infondata quella avente ad oggetto l'asserita insussistenza dell'elemento soggettivo dell'illecito contestato, rilevando come l'appellante non avesse fornito alcun elemento probatorio idoneo a superare la presunzione di colpa posta dalla L. n. 689 del 1981, art. 3 e come, in particolare, non avesse offerto la prova di avere effettuato il controllo del regolare funzionamento del cronotachigrafo prima di mettersi alla guida, ovvero dell'esistenza del caso fortuito o della forza maggiore.

Quanto alla censura concernente l'asserita erroneità della contestazione, consistente in ciò che mentre i verbalizzanti avevano accertato che il veicolo era privo di piombatura sia sul cronotachigrafo che sul limitatore di velocità, la contestazione era stata quella di essersi posto alla guida di un veicolo con limitatore di velocità risultato alterato, il Tribunale osservava che l'art. 179 C.d.S., comma 2-bis, nel sanzionare chiunque circola con un autoveicolo non munito di limitatore di velocità ovvero circola con un autoveicolo munito di un limitatore di velocità avente caratteristiche non rispondenti a quelle fissate o non funzionante (...), non distingue l'alterazione del limitatore di velocità dalla manomissione dei sigilli, sicchè non poteva ritenersi errato qualificare anche la rimozione dei sigilli come alterazione del limitatore. Osservava inoltre che il comma 1 del medesimo art. 179 equipara, sotto il profilo sanzionatorio, la manomissione dei sigilli e l'alterazione dell'apparecchio.

Avverso questa sentenza il D. F. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui il Ministero dell'Interno ha resistito con controricorso.


MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio rileva preliminarmente che non è di ostacolo alla trattazione del ricorso la mancata presenza, alla odierna pubblica udienza, del rappresentante della Procura generale presso questa Corte.

Invero, l'art. 70 c.p.c., comma 2, quale risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 75 convertito, con modificazioni, nella L. 9 agosto 2013, n. 98, prevede che il pubblico ministero deve intervenire nelle cause davanti alla Corte di cassazione nei casi stabiliti dalla legge. A sua volta il R.D. 10 gennaio 1941, n. 12, art. 76 come sostituito dal citato D.L. n. 69, art. 81 al comma 1 dispone che Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e conclude: a) in tutte le udienze penali; b) in tutte le udienze dinanzi alle Sezioni unite civili e nelle udienze pubbliche dinanzi alle sezioni semplici della Corte di cassazione, ad eccezione di quelle che si svolgono dinanzi alla sezione di cui all'art. 376 c.p.c., comma 1, primo periodo. L'art. 376 c.p.c., comma 1, stabilisce che il primo presidente, tranne quando ricorrono le condizioni previste dall'art. 374, assegna i ricorsi ad apposita sezione che verifica se sussistono i presupposti per la pronunzia in camera di consiglio.

Infine, il già citato D.L. n. 69 del 2013, art. 75 quale risultante dalla Legge di conversione n. 98 del 2013, dopo aver disposto, al comma 1, la sostituzione dell'art. 70, comma 2, e la modificazione dell'art. 380-bis c.p.c., comma 2, e art. 390 c.p.c., comma 1, per adeguare la disciplina del rito camerale alla disposta esclusione della partecipazione del pubblico ministero alle udienze che si tengono dinnanzi alla sezione di cui all'art. 376, comma 1, al comma 2 ha stabilito che Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai giudizi dinanzi alla Corte di cassazione nei quali il decreto di fissazione dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio sia adottato a partire dal giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, e cioè a far data dal 22 agosto 2013.

Orbene, il Collegio rileva che l'esplicito riferimento contenuto sia nel R.D. n. 12 del 1941, art. 76, comma 1, lett. b), (come modificato D.L. n. 69 del 2013), art. 81 sia nell'art. 75, comma 2, citato, alle udienze che si tengano presso la Sesta sezione (e cioè quella di cui all'art. 376 c.p.c., comma 1), consenta di ritenere non solo che la detta sezione è abilitata a tenere oltre alle adunanze camerali anche udienze pubbliche, ma anche che alle udienze che si tengono presso la stessa sezione non è più obbligatoria la partecipazione del pubblico ministero. Rimane impregiudicata, ovviamente, la facoltà dell'ufficio del pubblico ministero di intervenire ai sensi dell'art. 70 c.p.c., comma 3 e cioè ove ravvisi un pubblico interesse.

Nel caso di specie, il decreto di fissazione dell'udienza odierna è stato emesso in data 25 settembre 2013, sicchè deve concludersi che l'udienza pubblica ben può essere tenuta senza la partecipazione del rappresentante della Procura generale presso questa Corte, non avendo il detto ufficio, al quale pure copia integrale del ruolo di udienza è stata trasmessa, ravvisato un interesse pubblico che giustificasse la propria partecipazione ai sensi dell'art. 70 cod. proc. civ., comma 3.

2. Nel merito, con il primo motivo di ricorso, il D. F. deduce vizio di omessa motivazione su un fatto controverso decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere il Tribunale motivato la mancata applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 3. In particolare, il ricorrente si duole che il Tribunale non abbia valutato le circostanze che egli aveva addotto a giustificazione della propria ignoranza circa la mancanza di sigilli sul cronotachigrafo e sul limitatore di velocità, nonchè della impossibilità in cui egli si trovava di procedere al controllo delle apparecchiature prima di mettersi alla guida.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, per avere il Tribunale erroneamente interpretato l'art. 179 C.d.S., commi 2 e 2-bis, atteso che mentre il comma 2 prevede il raddoppio della sanzione amministrativa pecuniaria per il caso in cui l'infrazione riguardi la manomissione dei sigilli o l'alterazione del cronotachigrafo, il raddoppio della sanzione pecuniaria è previsto dal comma 2-bis solo per il caso in cui si circoli alla guida di un autoveicolo che abbia il limitatore di velocità alterato; e nel caso di specie non vi era prova della detta alterazione, in quanto dal controllo eseguito in officina per conto degli agenti accertatori era emerso soltanto che il veicolo era privo di piombatura sia sul cronotachigrafo che sul limitatore.

3. Il primo motivo di ricorso, volto alla dimostrazione della asserita carenza della motivazione della sentenza in ordine alla mancata applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 3 è infondato.

Il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, per cui in tema di sanzioni amministrative, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 3 per le violazioni colpite da sanzione amministrativa è richiesta la coscienza e volontà della condotta attiva o omissiva, sia essa dolosa o colposa, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, atteso che la norma pone una presunzione di colpa, in ordine al fatto vietato, a carico di colui che lo abbia commesso, con la conseguenza che grava su quest'ultimo l'onere di provare di aver agito senza colpa (Cass. n. 13610 del 2010; Cass. n. 15580 del 2006; Cass. n. 5426 del 2006).

In particolare, questa Corte ha affermato che in tema di illeciti amministrativi, a norma della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 3 la semplice colpa è sufficiente ad integrare l'elemento soggettivo, ed al fine di escludere ogni responsabilità, non basta l'ignoranza della sussistenza dei presupposti dell'illecito, ma occorre che tale ignoranza sia incolpevole, cioè non superabile con l'uso della ordinaria diligenza. Ne consegue che, nell'ipotesi dell'infrazione di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 179 (circolazione con veicolo munito di cronotachigrafo non funzionante), può ritenersi l'ignoranza incolpevole solo ove si dimostri il rispetto dell'ordinaria diligenza consistente nel costante controllo del regolare funzionamento del cronotachigrafo e, in ogni caso, nel preventivo controllo tutte le volte che il veicolo venga messo in circolazione (Cass. n. 13165 del 2002).

Nel caso di specie, il giudice di appello, confermando il giudizio già espresso in tal senso dal giudice di primo grado, ha ritenuto che l'appellante non avesse offerto elementi idonei a provare in concreto l'assenza di colpa ovvero il caso fortuito o la forza maggiore.

E' noto, d'altra parte, che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione; tali vizi non possono consistere nella difformità dell'apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, mentre alla Corte di Cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l'apprezzamento dei fatti (Cass. n. 15489 del 2007). Ed ancora, il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, ricorre quando il giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 1756 del 2006; Cass. n. 9113 del 2012).

Nella specie, posto che il Tribunale ha richiamato le deduzioni svolte dall'appellante nel primo motivo e ha poi concluso nel senso della mancanza di prova di elementi idonei a superare la presunzione di colpa discendente dalla L. n. 689 del 1981, art. 3 deve ritenersi che le circostanze indicate dal ricorrente siano state tenute presenti dal Tribunale e ritenute inidonee ad assolvere l'onere probatorio gravante sull'autore della violazione contestata. Si deve solo aggiungere che le stesse deduzioni difensive delle quali il ricorrente lamenta la mancata valutazione confliggono con i criteri minimi di diligenza richiesti a chi si pone alla guida di un autoveicolo, come specificato nella sentenza n. 13165 del 2002.

Il primo motivo è quindi infondato, non sussistendo il denunciato vizio di omessa motivazione e risolvendosi la censura nella richiesta di una valutazione delle circostanze di fatto indicate nel motivo in senso difforme da quello ritenuto dai giudici di merito con valutazione concordante.

4. Il secondo motivo, concernente l'applicazione dell'art. 179 C.d.S., commi 2 e 2-bis, è infondato.

Occorre ricordare che le disposizioni delle quali il ricorrente denuncia la violazione, disponevano, all'epoca della contestazione della violazione, quanto segue: 2. Chiunque circola con un autoveicolo non munito di cronotachigrafo, nei casi in cui esso è previsto, ovvero circola con autoveicolo munito di un cronotachigrafo avente caratteristiche non rispondenti a quelle fissate nel regolamento o non funzionante, oppure non inserisce il foglio di registrazione, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 742 a Euro 2.970. La sanzione amministrativa pecuniaria è raddoppiata nel caso che l'infrazione riguardi la manomissione dei sigilli o l'alterazione del cronotachigrafo.
2-bis. Chiunque circola con un autoveicolo non munito di limitatore di velocità ovvero circola con un autoveicolo munito di un limitatore di velocità avente caratteristiche non rispondenti a quelle fissate o non funzionante, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 829 a Euro 3.315. La sanzione amministrativa pecuniaria è raddoppiata nel caso in cui l'infrazione riguardi l'alterazione del limitatore di velocità.

Come già ricordato, il ricorrente sostiene che, essendo stata accertata solamente la mancanza dei sigilli al cronotachigrafo e al limitatore di velocità, con riferimento a questa ultima condotta illecita non poteva essere contestata la fattispecie dell'alterazione del limitatore di velocità, che si riferirebbe ad una alterazione funzionale dell'apparecchiatura.

Orbene, il Collegio ritiene che la sentenza impugnata, nella parte in cui afferma che la manomissione dei sigilli apposti al limitatore di velocità integra l'ipotesi di alterazione del limitatore di velocità, non sia errata, atteso che indubbiamente la manomissione dei sigilli costituisce un'alterazione del limitatore di velocità.

Nè indicazioni in senso opposto possono desumersi dal rilievo che l'art. 179 C.d.S., comma 2, con riguardo al cronotachigrafo, prevede espressamente anche la manomissione dei sigilli tra le fattispecie suscettibili di applicazione della sanzione pecuniaria in misura doppia, atteso che la specificazione della condotta con riferimento al cronotachigrafo non comporta che la manomissione dei sigilli debba essere attratta nella ipotesi base prevista dal comma 2-bis, concernente la circolazione con un autoveicolo non munito di limitatore di velocità ovvero con un autoveicolo munito di un limitatore di velocità avente caratteristiche non rispondenti a quelle fissate o non funzionante. Invero, nel mentre è possibile dubitare che la manomissione dei sigilli rientri in tali fattispecie generali, può invece ritenersi certo che la stessa integri un'alterazione dell'apparecchiatura alla quale i sigilli sono apposti, e che il cronotachigrafo e il limitatore di velocità, pur se disciplinati nel medesimo articolo del codice della strada, rispondono a funzioni differenti, sicchè le relative prescrizioni, ove violate, ben possono essere assoggettate ad un trattamento sanzionatorio differente.

Ne consegue che, non prevedendo l'art. 179, comma 2 bis una specifica disciplina della manomissione dei sigilli, deve ritenersi che correttamente il giudice di appello abbia affermato la piena legittimità della contestazione della alterazione del limitatore di velocità con riguardo alla detta manomissione, che consiste pur sempre in un'alterazione fisica dell'apparecchiatura. D'altra parte, la disciplina delle alterazioni del limitatore di velocità è, dal legislatore, ritenuta più grave di quella del cronotachigrafo, atteso che non solo l'importo delle sanzioni pecuniarie è maggiore per le ipotesi di cui al comma 2-bis, rispetto a quelle previste per il comma 2, ma solo per le violazioni di cui al comma 2-bis il successivo comma 9 dispone la sanzione accessoria della revoca della patente di guida.

5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

In applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta - 2 civile della Corte suprema di cassazione, il 9 gennaio 2014.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2014.



Nonostante il costante impegno profuso nel riportare il testo della sentenza, si rinivia il lettore all'organo ufficiale emittente della sentenza medesima, non essendo i curatori del presente portale o gli autori responsabili di eventuali refusi o errori.
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